venerdì 11 settembre 2009

L'orecchio matematico


Leggendo Fatti di Musica di Daniel Levitinmi sono affascinato della lettura e il tentativo di capire come si colga e nasca un arte nobile come la musica nella mente. Qualche mese fa è uscito pure un interesssante articolo suAmadeus sullo stesso argomento. Una sintesi anche se un pò stringata di tutto ciò, lascia dire solo wow.
Ogni nota del nostro sistema musicalerisulta alle nostre orecchie separata da intervalli regolari. Risalendo la distanza tra una nota e la successiva ci pare sempre la stessa. La frequenza di ogni nota nel nostro sistema è del 6% in più della precedente. Il nostro sistema uditivo è sensibile sia alle variazioni relative che proporzionali. Ogni tono è il 6% in più del precedente, aumentando un tono di questa quantità 12 volte perciò si raddoppia la frequenza originale (la proporzione esatta è radice dodicesima di due: 1,05946..). Il nostro cervello è poi in grado di calcolare anche in modo inconsapevole la tonica "registrando quante volte vengono suonate certe note e dove compaiono in quale ordine, rapporti.
Sin da piccoli abbiamo assorbito ascoltando passivamente la struttura delle scale, non è una coscienza innata, ma dipende dalla particolare cultura in cui si sono sviluppati i nostri circuiti neurali e sinapsi.
Sorprendente è pure il fatto che il pitch che percepiamo non è la reale unica vibrazione impartita dallo strumento alle molecole dell'aria, ma quella più bassala frequenza fondamentale, tutte le altre frequenze sono dette ipertoni, e se da un branoeliminiamo la fondamentale il nostro cervello la riprisina, dato che tutte le frequenze superiori aumentano del doppio, triplo e cosi via. In un brano in cui sono suonati la serie degli armonici 200Hz, 400Hz, 600Hz, 800Hz calcoliamo che non può essere 200Hz la fondamentale ma 100Hz. In un esperimento è stato osservato che la frequenza di scarica dei neuroni del collicolo inferiore in un barbagianni aveva la stessa velocità della fondamentale mancante, e collegando l'elettrodoa unamplificatoreveniveriprodotto in pratica il brano stesso ascoltato.

ora vi propongo un ascolto

giovedì 10 settembre 2009

Il contagio della felicità


La felicità non riesce a stare sola. Traspare dagli occhi, trasuda nelle mani, vibra nel corpo e alla fine come un virus scappa e si trasmette a chi si trova accanto. E c'è un gruppo di scienziati che ha provato a disegnare una mappa del "contagio", chiedendo a 5mila individui, per ben vent'anni di seguito, quanto si sentissero felici, facendo il riscontro con mogli, fratelli, amici e vicini di casa. A furia di unire puntini colorati (le persone, ognuna con il suo punteggio del buon umore) si è formato sul tavolo dei ricercatori americani un disegno che sembra quello di una mano innervata da vasi sanguigni. Ogni pulsazione della felicità parte da un punto e si trasmette come un fluido lungo tutto l'organismo.

Non tutto è rose e fiori, ovviamente. Anche il contagio segue le sue regole, e gli autori della ricerca "La diffusione della felicità in un'ampia rete sociale di individui", pubblicata oggi sul British Medical Journal, ne hanno individuate alcune. La legge del contagio, per iniziare, non sembra funzionare fra colleghi.

Il luogo di lavoro è come un cuscinetto che blocca il flusso di felicità da un individuo all'altro" spiegano James Fowler dell'università della California a San Diego e Nicolas Christakis dell'Harvard Medical School. I due (sociologo il primo, un medico specializzato nel rapporto fra umore e salute il secondo) sono gli autori di uno studio che ha scavato fra montagne di dati, interviste e fatti personali relativi a 5.124 persone negli Stati Uniti.

Nonostante il successo dei gruppi su Internet - è
la seconda regola del contagio - le emozioni positive non sono capaci di viaggiare né in rete né via telefono. Come un virus vero e proprio, la felicità per trasmettersi ha bisogno del contatto fisico. E questo ci riporta un po' più indietro nella nostra scala evolutiva, ai tempi in cui la tecnologia delle comunicazioni non aveva ancora messo le ali. "Molte delle nostre emozioni si trasmettono attraverso i segnali del corpo, e il viso ha un ruolo principe in questo", spiega Pio Ricci Bitti, che insegna psicologia all'università di Bologna e ha studiato la comunicazione dei sentimenti tra gli uomini.

"Il contagio dipende probabilmente dal meccanismo dell'empatia e dei neuroni specchio. Quando osserviamo una persona manifestare un sentimento, nel nostro cervello si attivano le stesse aree che sono "accese" in quel momento nel cervello dell'interlocutore".

Nell'ultimo decennio lo studio dei neuroni specchio - iniziato in Italia, a Parma, dal neuroscienziato Giacomo Rizzolatti - ha aiutato molto a spiegare come avviene la condivisione delle emozioni e come individui diversi possano entrare "in sintonia". I detrattori di questa teoria sostengono che il meccanismo dell'empatia (negli uomini come negli animali) scatti solo quando osserviamo un altro individuo muoversi. Ma se consideriamo i gesti che una persona compie con il viso e il resto del corpo quando è felice, non è difficile completare il salto dai movimenti del corpo alle emozioni della mente. "E non solo la gioia può trasmettersi in questo modo. Pensiamo alla commozione e al pianto, quanto rapidamente invadono un gruppo di persone riunite insieme"


E' un vecchio articolo apparso il 5 dicembre 2008 sulla Repubblica trovato ora per caso, e mi fa pensare anche oltre che alla dinamicha di una società in cui tutti i giorni anche senza accorgercene interagiamo e scambiamosegni con tutti quelli che ci circondano che costituiscono il nostro spazio psicologico che è quello che elaboriamo, che ci colpisce, non solo quello fisico materiale. Tutto influisce poi nel nostro umore e nel nostrocomportamento e questo può contagiare altri e poi noi stessi non rimaniamo subito dopo allo stesso modo di un secondo fa. Forse le dinamiche delle masse in contesti ristretti come uno stadio o un concerto riflettono questo nel comportamento, tanti concentrati lì con il medesimo interesse osservano lo spettacolo. E' un pò quello che risalta da "risposta a un amico" Secondo- mi viene anche da pensarea quanto è importante per il reale benessere la qualità dell'ambiente che si riflette in una salute sia fisica (pensando all'imquinamento ad es.) che psicologica (pensando al traffico e lo stress che ne consegue, sullo stesso es.). Anche questo e forse soprattutto è misura della ricchezza di uno stato anche se non direttamente palpabile con le mani (ma con la mente si) parafrasando è un po quello che ha messo in teoria Amarthya Sen, con un nuovo modello economico che gli è valso il nobel.